Il 7 luglio 2019 è stata una data storica destinata a cambiare i destini dell’Africa.
In quella data, infatti, a Niamey in Niger, durante il vertice straordinario dei capi di Stato dei paesi dell’Unione Africana (in perfetta controtendenza con le politiche dei dazi e delle barriere attuate da Trump) si sanciva l’inizio della fase attuativa dell’Accordo continentale africano di libero scambio (CFTA African Continental Free Trade Area) per l’abbattimento progressivo di tutti i dazi e tutte le barriere doganali all’interno dell’intero continente.
Si tratta di un evento di portata epocale, destinato ad incidere in modo significativo sugli assetti geopolitici e geoeconomici mondiali, che ha insita una visione del continente, fondata sul panafricanismo e che pone le basi per una nuova era di rinascimento dell’Africa.
L’Accordo, firmato da 54 dei 55 membri dell’Unione africana (fa eccezione solo l’Eritrea per le tensioni con l’Etiopia) darà un forte contributo al superamento delle 84 mila km di frontiere interne ereditate dal colonialismo.
Con l’eliminazione dei dazi sul commercio infra-africano, si crea, di fatto, l’area di scambio più gande al mondo, con un mercato di 1,2 miliardi di cittadini e di consumatori destinati a raddoppiare entro il 2050.
Il commercio interno all’Africa rappresenta, attualmente, meno del 15% del totale delle esportazioni. Basti pensare che quello interno all’Unione europea è del 70% e quello infra-asiatico è già del 50%. Con l’entrata in vigore dell’Accordo, il commercio fra i paesi africani aumenterà almeno al 25% entro il 2023.
La creazione della Zona di libero scambio e dell’unione doganale è il primo passo di un percorso volto alla realizzazione del mercato comune africano nel 2025 e dell’unione monetaria nel 2030.
L’esperienza dell’Unione europea è stata sicuramente ispiratrice per i paesi africani i quali stanno facendo (e, faranno) tesoro anche delle difficoltà e degli errori commessi in Europa. Non è un caso, infatti, che l’unione monetaria sia stata posta come obiettivo finale e non – com’è accaduto per l’Euro – come presupposto dal quale partire.
In questo scenario, così dinamico ed in continua evoluzione, sarebbe auspicabile che l’Italia e l’Europa non si ponessero nei confronti dell’Africa come meri spettatori; al contrario, occorrerebbe applicare una lungimirante visione euro-africana, accompagnata da una seria strategia politica che guardi al lungo periodo.
Ciò, perché, mentre Italia e Europa stanno a guardare, i giganti asiatici (Cina, ma anche Russia) investono e si muovono velocemente, ponendo le basi per un nuovo colonialismo finanziario nei confronti dell’Africa, dal quale, anche l’Europa, avrebbe tutto da perdere.